Erano passati cinque mesi da che Caesar Festinus si era trasferito sulla Terra dal suo pianeta natale, Pulvis. Era il primo maschio a godere di un accesso permanente al Giardino. Di certo ottenere il visto planetario per la Terra sarebbe stato difficile se Festinus non fosse stato un diplomatico con un portafoglio ben fornito di favori da riscuotere; poi, a ungere le ruote giuste sulla Terra, aveva pensato lei, la Custode, che a casa sua era almeno altrettanto potente.
La Custode era incinta di quattro mesi. Le forme le si erano arrotondate appena, ma non era la taglia dei vestiti a impegnarla. Piuttosto, lo era stato convincere il Consiglio delle Custodi che questi cambiamenti, pur traumatici, avrebbero fatto bene al Giardino; e lo era ancora di più tenere a bada la deflagrazione di pettegolezzi che nei corridoi teneva banco a ogni pausa dal lavoro.
Non solo la residenza stabile di un uomo, ma anche un legame amoroso, per di più destinato a dare frutti, erano eventi che nessuno nel Giardino avrebbe immaginato possibili. In più, erano anche una coppia di quarantenni di notevole eleganza: emanavano fascino e soggezione, esercitavano il loro potere e da un paio di mesi non nascondevano più la loro relazione.
Che, in quel momento, viveva la sua prima turbolenza.
«Ma come, che cosa vuol dire “sono stato io”? Tu hai non solo consentito l’accesso, ma perfino invitato quel… quel figuro nel nostro Giardino? A fare il piazzista con le sue cosette?».
Festinus, sperando di calmare la Custode, rimase nell’angolo della stanza e fece la sua miglior smorfia da “simpatica canaglia”. «Dài, Tallia, non è una tragedia. Mi hai “assunto” per questo, no? Avere un buon rapporto con i laboratori di Jalo ci farà crescere. Dobbiamo aprirci verso l’esterno, è il momento di cambiare qualcosa».
La smorfia che Festinus vide sulla faccia della Custode era quella di una che ha un attacco di nausea; ma lei era così furiosa da far tentennare anche quello, e il fastidio le rimase sul fondo dello stomaco. «Qui sono io che comando, non la nostra coppia. Tu sei il responsabile dei rapporti con i pianeti esterni, hai potere e autonomia, ma prima di fare qualsiasi cosa, ne devi parlare con me. E io dico “sì”, oppure dico “no”. E allo jaloano dico no. È abbastanza chiaro?».
Festinus si finse obbediente e cercò di essere credibile. Fece la faccia più seria che poteva. «Ho capito, Custode. Posso andare?».
«Stai molto attento, Festinus. Quando sono in questo ufficio faccio sempre sul serio. E vai, sì. Vai».
Festinus uscì, chiuse la porta alle sue spalle, prese il comunicatore e pigiò il pulsante con cui chiamava la sua segretaria. «Signorina, chiami Artis e lo convochi nel mio ufficio». Poi chiuse la comunicazione e guardando avanti a sé disse, sottovoce: «Ma sì, è fatta».